LA POESIA DELLO SCATTARE A PELLICOLA

LA POESIA DELLO SCATTARE A PELLICOLA

La fotografia analogica è ancora in vita?

Una delle domande che rivolgevo più spesso a tanti fotografi “analogici” era: perchè ti ostini a scattare a pellicola?

Onestamente non trovavo il senso.

Ho deciso poi di provare anch’io a scattare in analogico.

Ho riesumato una vecchia Nikon EM, il cui vecchio proprietario era mio nonno (e ammetto già utilizzare una macchina di famiglia faceva partire già un po’ di nostalgia) ed ho noleggiato una Hasselblad 503/CX per provare il grande formato ed una Kodak Ektar H35. Di quest’ultima parlerò meglio più avanti.

Beh dopo vari rullini scattati, alla domanda iniziale che ponevo ad altri fotografi ho trovato io stesso una risposta: perché la pellicola ha una sua poesia…

 

 

Ad ogni modo ho cercato di sintetizzare la mia visione in alcuni punti che vi propongo qui sotto.

Prima motivazione: il gusto dell’attesa. In un periodo storico dove ci viene chiesto di essere veloci, efficienti e smart, la fotografia analogica sembra essere un inno alla lentezza, alla calma, all’arte di aspettare. Quando si scatta su pellicola, i risultati non possono essere visionati immediatamente, poiché frutto di un lento processo di elaborazione che sì, può essere indubbiamente snervante, ma conserva il fascino dell’attesa e del desiderio.

Scoprire poi se si è scattato correttamente da una soddisfazione che non potete immaginare!

Al contrario poi vedere qualche foto sbagliata, perché fuori fuoco o mal esposta magari, ti farà venir voglia di migliorare…

Seconda motivazione: più qualità, meno quantità. Uno dei vantaggi che contraddistingue la fotografia digitale è indubbiamente la possibilità di eseguire una quantità di scatti pressoché illimitata con la medesima macchina fotografica e che al contrario, per via del numero limitato di scatti che una pellicola possiede, rende la fotografia analogica piuttosto limitante. Tuttavia, non è verità assoluta che la quantità sia migliore della quantità: avere a disposizione un numero limitato di fotogrammi ha come conseguenza quella di scattare fotografie più attente, più ragionate, più pensate, andando ad impattare inevitabilmente anche la modalità di pensiero e di concepimento della fotografia stessa.

Infine, come ultima motivazione per scattare in analogico, c’è quella del pensare in bianco e nero. Dalle pubblicità alla fermata del tram ai video sul telefonino; dai film in televisione ai banner sui siti web: i nostri occhi sono costantemente bombardati da immagini luminose da aver quasi perso la sensibilità ai colori naturali. In un universo dominato da pennellate sgargianti e sfumature brillanti, i filtri dell’analogico ci riportano in un mondo vintage facendoci riscoprire le infinite sfumature che si collocano tra i due colori più neutri che esistano: il bianco e il nero, ricordandoci che esistono infinite possibilità di combinazioni e che sta solo a noi, che possediamo l’occhio del fotografo, andare a scovarle, sperimentarle e catturarle attraverso le nostre macchine fotografiche. 

 

 

Se posso consigliare una macchina fotografica per chi si vuole approcciare a questo tipo di mondo consiglierei senz’altro la Ektar H35.

È una macchina ricaricabile, leggerissima e adatta per essere portata sempre nella giacca o nella borsa.

Ideale anche per chi vuole ridurre i costi della pellicola, la fotocamera a mezzo fotogramma vi permetterà di raddoppiare la pellicola da 35 mm e di ottenere il doppio delle foto.

Questa fotocamera dispone di un flash incorporato. Il design è molto curato, è disponibile in quattro colori ispirati alla natura, che la rendono perfetta per i viaggi o per qualsiasi occasione sociale.

Non resta altro che divertirsi poi…

Buona luce a tutti!

 

Stefano Quarantotto